di Domenico Siclari e Diego D’Amico
Sommario
- Considerazioni introduttive
- Processo di affermazione dei Presidi di Qualità
- Novelle in materia e frammenti per un’ulteriore analisi
- Alcune considerazioni di sistema
1. Considerazioni introduttive
Nel quadro delle realtà organizzative che caratterizzano nella contemporaneità le Università italiane e la conformazione dei pertinenti sistemi di assicurazione della qualità, emerge la figura del Presidio di Qualità (spesso noto con l’acronimo PdQ).
Un organo collegiale la cui genesi e i cui successivi sviluppi sono riconducibili alla diffusione della cultura della Qualità che ha caratterizzato – e continua a caratterizzare – gli Atenei da oltre un decennio, sia sotto il profilo normativo che istituzionale.
Il MIUR, sul punto, a partire dall’art. 3 del D.M. 31 ottobre 2007 n. 544 1, ha previsto nel novero dei requisiti per l’assicurazione di qualità che i Nuclei di valutazione procedano alla verifica dei livelli di qualità, utilizzando gli indicatori definiti nell’Allegato A al decreto in esame. Un Allegato che, nel contemplare la messa a punto di un sistema qualità, tra gli indicatori di efficienza, ha introdotto per la prima volta la figura del Presidio d’Ateneo, preposto all’assicurazione della qualità dei processi formativi.
Dunque, a partire dal 2007, ancorché attraverso il ricorso a formulazioni normative vaghe, veniva contemplata nel nostro ordinamento la figura del PdQ, nel quadro di un’attività delle singole Università volta a predisporre annualmente la propria offerta formativa assicurando livelli di qualità, efficienza ed efficacia dei corsi di studio, utilizzando gli indicatori definiti, sulla base del doc. 7/07 del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) 2.
La tensione verso un approccio di assicurazione della qualità è apparsa oltremodo chiara tra le righe della legge 30 dicembre 2010, n. 240, che, nel dettare norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, non ha mancato di delegare il Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario, anche con la previsione di un monitoraggio costante realizzato nelle forme dell’accreditamento iniziale e periodico.
Un assetto, quello disegnato dalla Riforma Gelmini, che tuttavia, nel quadro degli organi indefettibili degli Atenei, di cui all’art. 2, nulla ha dettato in merito alla figura del Presidio di qualità.
A fronte di ciò, però, come si avrà modo di rilevare nel proseguo, la scelta del legislatore, incentrata sull’autonomia universitaria in merito alla definizione dell’assetto organizzativo ritenuto più adeguato e idoneo a presidiare l’assicurazione della qualità, sarà influenzata dalle previsioni introdotte dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (d’ora in poi, ANVUR), specie attraverso lo strumento delle linee guida.
2. Processo di affermazione dei Presidi di qualità
S’è detto che, al di fuori della decretazione di settore, e sino all’avvento della legge Gelmini la figura del Presidio di qualità era rimasta avulsa da ulteriori apporti regolativi. Appare, dunque, interessante comprendere se la previsione e la disciplina puntuale di tale organo sia stata, in qualche modo, filtrata o meno da un processo di mediazione normativa 3.
In continuità con la situazione ante Gelmini la decretazione successiva si è confermata priva di apporti in termini di previsione e di formalizzazione funzionale della figura del Presidio. Così, il D.M. 22 settembre 2010 n. 17, non a caso rubricato Requisiti necessari dei corsi di studio, all’Allegato A, ha mantenuto l’impostazione del 2007, salvo operare un richiamo alla nuova figura dell’ANVUR in quanto preposto a fornire ai Nuclei di valutazione le indicazioni operative per le attività di valutazione di loro competenza e a procedere al monitoraggio delle stesse.
A fronte dello scenario tracciato, degli elementi utili per poter procrastinare la presente analisi possono rinvenirsi nel documento dell’ANVUR sull’Autovalutazione, la valutazione e l’accreditamento del Sistema Universitario Italiano 4, del 2013. Ivi, l’Agenzia, nel riassumere il contesto normativo di riferimento in sede di sviluppo del sistema di valutazione delle Università, ha presentato anche le procedure, i criteri, gli indicatori ed i parametri che la stessa intendeva all’uopo utilizzare e che sono stati trasmessi al MIUR per dar corso alle attività di valutazione delle Sedi e dei Corsi di Studio, nel rispetto del d.lgs 27 gennaio 2012, n. 19.
Al contempo, il modello di valutazione individuato, in coerenza con le ESG ENQA 2005/2009, si fondava su di un sistema di Assicurazione di Qualità delle Università uniforme e tale da consentire comparazioni a livello nazionale, facendo tuttavia emergere strumenti di definizione e di misurazione degli obiettivi specifici e dei metodi rimessi all’autonomia dei singoli Atenei.
Il tutto, richiamando le parole dell’Agenzia, sullo sfondo della necessità di creare un «un sistema attraverso il quale gli organi di governo realizzano la propria politica della qualità. Comprende azioni di progettazione, messa in opera, osservazione (monitoraggio) e controllo, condotte sotto la supervisione di un responsabile» 5.
In medias res, la parte C.3. del documento conteneva una trattazione espressamente e puntualmente dedicata alla figura del Presidio della Qualità di Ateneo. Sul punto, però, si rimetteva ai singoli Atenei l’istituzione e l’organizzazione dell’organo in modo proporzionato alla numerosità e alla complessità delle attività formative e di ricerca dell’Ateneo.
Mentre sul versante funzionale si rimarcava come il Presidio avrebbe dovuto assumere un ruolo centrale nella AQ di Ateneo, essendo chiamato a: supervisionare lo svolgimento adeguato e uniforme delle procedure di AQ di tutto l’Ateneo; proporre strumenti comuni per l’AQ e di attività formative ai fini della loro applicazione, ed ancora a supportare i Corsi di Studio e i loro Referenti, nonché i Direttori di Dipartimento per le attività comuni.
Nell specifico il Presidio era preposto nell’ambito delle attività formative ad organizzare e verificare il continuo aggiornamento delle informazioni contenute nelle Schede Uniche Annuali (SUA) di ciascun Corso di Studio dell’Ateneo, sovraintendendo allo svolgimento regolare delle pertinenti procedure per le attività didattiche nel rispetto di quanto programmato, monitorando le rilevazioni dell’opinione degli studenti, dei laureandi e dei laureati.
Ed ancora, al Presidio venivano rimesse la regolazione delle attività periodiche di Riesame dei Corsi di Studio, la valutazione dell’efficacia degli interventi migliorativi, nonché l’assicurazione del corretto flusso informativo, in particolare, da e verso il Nucleo di Valutazione e la Commissione Paritetica Docenti-Studenti.
Al contempo, il documento confermava la tensione del Presidio a verificare l’aggiornamento delle informazioni contenute nelle Schede di Ricerca Dipartimentale, nonché il compito di sovraintendere al regolare svolgimento delle procedure di AQ per le attività di ricerca nel rispetto della programmazione, assicurando i flussi informativi verso il Nucleo di Valutazione.
L’approccio fatto proprio dall’ANVUR palesava l’esigenza di individuare con precisione gli attori coinvolti nel processo di assicurazione della qualità. Così se, sicuramente nella strutturazione del sistema, venivano coinvolti gli organi di governo di cui all’art. 2 della l. n. 240/2010, dall’altra parte, la supervisione delle azioni veniva rimessa ad un responsabile unico, che la sezione C.3 individuava nel Presidio. I profili di dettaglio, sulla composizione e sui compiti del Presidio, venivano puntualizzati, poi, all’Allegato 1.
A fronte di ciò, permaneva in capo agli Atenei l’unico obbligo di compilare i campi della scheda di rilevazione dei dati fornita all’Allegato 1 al documento. Nell’analizzare la tensione volta a dare consistenza ad un sistema di assicurazione della qualità uniforme tra i vari Atenei e in grado di consentirne l’equiparazione a livello nazionale, la previsione all’interno del documento era tutt’altro che funzionalizzata in tal senso, avendo invece preferenza un approccio autonomistico.
A seguito di queste previsioni, la cui valenza è tuttavia riconducibile alla natura dell’atto che le ha introdotte, è possibile rinvenire un appiglio, questa volta di matrice normativa, nel D.M. 30 gennaio 2013 n. 47, che, nel recepire i contenuti del prefato documento dell’ANVUR, nulla ha sancito in merito ai soggetti preposti al sistema di assicurazione della qualità (AQ), salvo intervenire sull’oggetto della valutazione.
Ciononostante, un elemento di interesse può essere colto nelle disposizioni transitorie e finali ed in particolare nell’art. 9 laddove, per l’anno 2013/2014, sancisce che «nella sua relazione il NdV riferisce sulle attività di assicurazione di qualità in fase di definizione o già svolte dal Presidio di qualità di ateneo e dalle commissioni paritetiche studenti-docenti o, relativamente alle università non statali, dagli organismi che svolgono le medesime funzioni previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19».
Una formulazione quella riportata che farebbe percepire la ineluttabilità funzionale del ruolo del Presidio, anche in ragione del suo collegamento con l’attività delle Commissioni paritetiche, ancorché a fronte di un vacuum normativo di settore.
2.1 Novelle in materia e frammenti per un’ulteriore analisi
All’assetto normativo descritto sin qui devono poi affiancarsi, in linea con le proposte provenienti dall’ANVUR, il D.M. 12 dicembre 2016, n. 987, in sostituzione del precedente D.M. n. 47/2013, nonché le nuove Linee guida ANVUR per l’accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di studio, del 10 agosto 2017.
Tuttavia, gli elementi di maggiore interesse rispetto alla presente trattazione possono cogliersi dalla lettura delle linee guida del 2017 che giungono a rilevare come la presenza del Presidio costituisca un requisito necessario per l’accreditamento.
Ma vi è di più, attraverso siffatti provvedimenti è possibile rilevare una chiarificazione sul versante funzionale dell’organo, posto che, ai sensi del punto 3.2 (pp. 17 e 18), emerge come il Presidio sia chiamato ad attuare le azioni di controllo e di monitoraggio del sistema di assicurazione della qualità. Dunque, emerge la dimensione di un organo preposto alla messa in atto del processo di qualità, le cui modalità esplicative sono espressione di procedimenti e subprocedimenti amministrativi di settore.
Da questo deve distinguersi, invece, il ruolo del Nucleo di Valutazione, chiamato a definire la metodologia generale e a valutarne le risultanze in un quadro complessivo. Un organo di raccordo tra l’Ateneo e l’ANVUR che, specie attraverso la Relazione annuale, è chiamato a dare consistenza alla funzione valutativa del sistema, monitorando le criticità e i punti di miglioramento, grazie anche all’interazione con le indicazioni segnalate dalle Commissioni di Esperti per la Valutazione (CEV), impegnate nelle visite periodiche di accreditamento.
3. Alcune considerazioni di sistema
L’analisi degli atti esposti in precedenza fa emergere in modo inequivocabile che la figura del Presidio, pur in assenza di una previsione legislativa nel novero degli organi universitari necessari, di cui alla legge n. 240/2010, e nonostante l’unica fonte di legittimazione rimessa alle linee guida dell’ANVUR, abbia assunto una autonoma dignità, dovendo lo stesso sussistere al fine di porre in essere le attività necessarie per l’accreditamento degli Atenei.
Tale presa d’atto conferma una partenogenesi normativa dei Presidi di qualità che, pur ab origine previsti dai D.M. di settore, in buona sostanza sono stati disciplinati e messi a regime grazie agli apporti dell’Agenzia di settore e agli atti da essa scaturenti, vale a dire le linee guida.
A tal proposito, dinanzi ad un dibattito aperto in merito alla natura giuridica di tali atti autorevole dottrina 6, nel richiamare Bobbio 7 e la questione relativa al rapporto tra Comandi e consigli, ha ricondotto il punctum dolens alla distinzione tra praeceptum e consilium, elaborata nella dottrina morale cattolica per discriminare le regole evangeliche necessarie per la salvezza da quelle utili per il perfezionamento spirituale dell’individuo.
A fronte del polimorfismo categoriale delle linee guida, la cui emersione è frequente ed in continua evoluzione nella congerie culturale del nostro tempo, la loro valenza o meno quali atti di regolazione 8 ovvero quali atti di natura regolamentare a carattere vincolante, passa da un’analisi contestuale e incentrata sul diritto positivo, per recepire elementi utili.
In proposito, il D.P.R. 1° febbraio 2010, n. 76 che regolamenta l’ANVUR contiene, all’art. 3, due utili riferimenti in merito alle attività che lo stesso è chiamato a svolgere. Esso è preposto, ai sensi della lett. b), a definire i criteri e le metodologie per la valutazione, in base a parametri oggettivi e certificabili, delle strutture delle università e dei corsi di studio universitari, ai fini dell’accreditamento periodico degli stessi da parte del Ministro. Mentre, ai sensi della lett. i-bis), allo stesso spetta lo svolgimento, con cadenza quinquennale, della valutazione della qualità della ricerca delle università sulla base di un apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e diretto a individuare le linee-guida concernenti lo svolgimento della medesima valutazione e le risorse economiche a tal fine necessarie 9.
Ed ancora, appare interessante notare il ruolo dell’ANVUR nell’impalcatura dettata dalla legge Gelmini. Ivi, infatti, non solo si rimette all’Agenzia il compito di coadiuvare il Ministero di settore nella verifica e nella valutazione dei risultati degli Atenei secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito.
Ma ancor più, all’art. 5, in tema di delega al Governo in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario, si prevede tra i principi e i criteri direttivi l’introduzione di un sistema di accreditamento e di valutazione periodica delle sedi e dei corsi di studio universitari, fondato sull’utilizzazione di indicatori definiti ex ante dall’ANVUR per assolvere alla verifica da parte degli Atenei dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca.
In ragione di ciò, il d.lgs 27 gennaio 2012, n. 19, nel definire le regole relative alla valorizzazione dell’efficienza delle università, i meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico, ha previsto espressamente all’art. 7 che «Le sedi delle università sono sottoposte ad accreditamento, iniziale e periodico, che si svolge in conformità ai criteri e agli adempimenti stabiliti dall’ANVUR».
I referenti normativi riportati costituiscono uno strumento utile per approcciarsi al tema inerente alla rilevanza delle linee guida, che ha contemplato la figura del Presidio.
Sebbene questa non sia la sede per disquisire sul valore giuridico delle linee guida, ciò che è possibile rilevare è che si tratti di atti di regolazione a carattere flessibile e strutturati in modo da consentirne l’adeguamento alle evoluzioni tecnologiche, sociali, economiche, proprie del settore di riferimento 10.
A conforto di questi elementi le linee guida AVA 2017 rilevano come «l’ANVUR, in stretta collaborazione con la CRUI, ha quindi iniziato una riflessione sull’esperienza sino allora accumulata, mirata a riconoscere i punti di forza del sistema AVA, a colmarne le lacune e le eventuali debolezze, a modificarne o eliminarne gli aspetti meno efficaci e produttivi, anche facendo ricorso a nuovi strumenti. L’ANVUR ha a tal fine istituito un Gruppo di Lavoro formato da esponenti del mondo accademico titolari di diversi ruoli e responsabilità nell’ambito della valutazione e dei processi di AQ» (p. 6). Una situazione che conferma il ricorso ad un modello regolativo non chiuso e né tantomeno autoapplicativo.
Ciononostante, la presenza di detti caratteri non risolve il problema relativo agli effetti giuridici, scaturenti dalla eventuale mancata applicazione di detti precetti.
Ciò induce ad un ulteriore sforzo ermeneutico. L’avere l’ordinamento fatto la scelta di istituire un’Autorità di regolazione, l’ANVUR, comporta infatti l’emersione di un rapporto organizzativo con una pluralità di declinazioni corrispondenti ai poteri di cui l’Autorità è titolare, vigilanza, controllo, collaborazione, consulenza, ecc.
In conseguenza di ciò, dinanzi ad un modello puntuale come quello sancito nelle linee AVA, definite in ragione delle best practice anche internazionali, l’osservanza dei criteri non emerge in ragione della forza normativa dello strumento, che pur sempre potrebbe desumersi nel caso di un provvedimento di mancato accreditamento, quanto del principio di assoggettamento del destinatario al regolatore, preposto a fornire regole tecniche. Stante il valore delle regole ANVUR quali canoni oggettivi di comportamento per gli operatori, la eventuale violazione verrebbe ad integrare una ipotesi di negligenza 11.
In conclusione, anche le linee guida non regolamentari sarebbero produttive di effetti giuridici, se non altro in quanto parametri di legittimità dei provvedimenti conseguenziali secondo una logica di obbligatorietà condizionata 12.
In siffatta prospettiva esistenziale «le linee guida sono comandi, sia — come è evidente — quando assumono veste di regolamento, ma sia anche quando sono vestite da consigli. Senonché anche i comandi vestiti da consigli vanno pur sempre interpretati: di qui l’esigenza primaria che siano chiari e puntuali, e inoltre che non siano troppo articolati, perché l’eccesso di regolazione (per di più in combinato con l’eccesso di normazione) reca con sé sovrapposizioni, antinomie e oscurità» 13.
Pertanto, ciò conferma la natura tendenzialmente rilevante delle linee guida – ancorché in quanto atti di soft law – e dei loro contenuti, che trova concreta applicazione proprio nella vicenda genetica dei Presidi di Qualità che è stata considerata nella sua diacronia nelle pagine precedenti.
A fronte di siffatto stato dell’arte che, nel caratterizzare il diritto positivo, testimonia l’ambigua posizione dell’organo in esame, appare certamente auspicabile una riforma normativa che, accogliendo le istanze scaturenti dall’ANVUR e dall’applicazione delle regole da esso auspicate e di buon ordine recepite nella totalità degli Atenei italiani, contempli in chiave de iure condendo il Presidio nell’elenco degli organi universitari indefettibili.
Una previsione che, recependo le esperienze oramai maturate nella prassi, ben potrebbe anche estendere il proprio alveo di operatività sul versante organizzativo e funzionale dell’organo, fornendo sul punto regole uniformi a tutti gli Atenei. Una previsione che, specie in relazione alle esperienze degli Atenei statali, ben potrebbe consentire di superare numerose ambiguità come nel caso delle questioni inerenti all’assegnazione di indennità di funzione, nel rispetto di quanto disposto dal d.lg. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con legge n. 122/2010.
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Note
1 Il Decreto in commento, non a caso, è rubricato Definizione dei requisiti dei corsi di laurea e di laurea magistrale afferenti alle classi ridefinite con i DD.MM. 16 marzo 2007, delle condizioni e criteri per il loro inserimento nella Banca dati dell’offerta formativa e dei requisiti qualificanti per i corsi di studio attivati sia per le classi di cui al D.M. 3 novembre 1999, n. 509 e sia per le classi di cui al D.M. 22 ottobre 2004, n. 270.
2 Al CNVSU subentrerà nel 2006 l’ANVUR, istituito dall’art. 2, comma 138 e seguenti, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Tale norma al comma 138 prevede che «Al fine di razionalizzare il sistema di valutazione della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell’efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione, è costituita l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), con personalità giuridica di diritto pubblico». Tale Agenzia verrà dotata delle seguenti attribuzioni: «a) valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell’università e della ricerca; b) indirizzo, coordinamento e vigilanza delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca; c) valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione».
3 Pur nella consapevolezza che «il legislatore procede con intenti pratici, senza curarsi il più delle volte degli schemi e delle teorie elaborate dalla dottrina: onde questa, per far opera utile ed adempiere al suo ufficio (o, meglio, a uno degli aspetti del suo ufficio) deve seguire il legislatore sulla strada che questi ha percorso» G. Miele, La distinzione tra ente pubblico e privato, in Riv. trim. dir. comm., 1942, ora in Scritti giuridici, Milano 1987, p. 387.
4 Documento approvato dal Consiglio direttivo di ANVUR il 9 gennaio 2013.
5 Anvur, Autovalutazione, valutazione e accreditamento del sistema universitario italiano, documento approvato dal Consiglio direttivo il 9 gennaio 2013, p. 5.
6 G. Morbidelli, Linee guida dell’ANAC: comandi o consigli?, in Dir. Amm., n. 3/2016, pp. 273 e ss. V. Italia, Le linee guida e le leggi, Milano, 2016.
7 N. Bobbio, Comandi e consigli, in Riv. trim. dir. proc., 1961, pp. 369 e ss.
8 Cfr. Cons. St., Comm. Spec., 1° aprile 2016, n. 855, II, 2.g.. In dottrina si veda I. A. Nicotra, L’Autorità nazionale anticorruzione e la soft regulation nel nuovo codice dei contratti pubblici, in L’Autorità Nazionale Anticorruzione tra prevenzione e attività regolatoria, (a cura di, I. A. Nicotra) Torino 2016, pp. 33 e ss.
9 La lettera in quesitone è stata aggiunta dall’art. 1, co. 339, della l. 11 dicembre 2016, n. 232.
10 Il richiamo alla flessibilità è inteso alla non unilateralità degli atti, in quanto la modifica degli stessi è espressione di un processo di consultazioni costanti. Ed ancora la consequenziale “rivedibilità” dell’atto grazie al processo di consultazione continua nonché attraverso l’acquisizione dell’esperienza sul campo.
11 Cfr. Cons. St., Sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1360.
12 Cfr. N. Bobbio, Due variazioni sul tema dell’imperativismo, in Riv. int. fil. dir., 1960, p. 79 e M. Mazzamuto, L’atipicità delle fonti nel diritto amministrativo, in Dir. amm., 2015, pp. 683 e ss.
13 G. Morbidelli, Linee guida …, op. cit.