di Maurizio Ferrari
L’eccedenza di personale nelle pubbliche amministrazioni trova la sua disciplina all’interno del c.d. Testo Unico dedicato al pubblico impiego, ossia, il d. lgs. n. 165/2001. Si tratta, invero, di disciplina non esaustiva atteso che l’art. 33, d.lgs. n. 165/2001, fa esplicito riferimento alla l. n. 223/1991: “Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare l’articolo 4, comma 11, e l’articolo 5, commi 1 e 2, e successive modificazioni ed integrazioni”1.
La disciplina contenuta nel Testo Unico non fornisce indicazioni in merito alle “causali” della eccedenza: il generico rinvio alla l. n. 223/1991 lascia intendere che il fenomeno della mobilità collettiva nelle PP.AA. sia sostanzialmente riconducibile alla eccedenza di personale2.
Eccedenza che, con il nuovo “assetto” imposto al Testo Unico dalla c.d. riforma “Brunetta” (d.lgs. n. 150/2009), deve essere prontamente rilevata da chi è a capo di pubblici uffici. A mente dell’art. 33, comma 1 bis, d.lgs. n. 165/2001, infatti, “La mancata individuazione da parte del dirigente responsabile delle eccedenze delle unità di personale, ai sensi del comma 1, e’ valutabile ai fini della responsabilità per danno erariale”3.
L’art. 33 individua – emulando la disciplina applicabile ai datori di lavoro privati – alcuni requisiti numerici: “Il presente articolo trova applicazione quando l’eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell’arco di un anno. In caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8”.
Stando al comma 3 dell’art. 33, la comunicazione preventiva di cui all’l. n. 223/1991 deve essere fatta alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area.
La comunicazione deve contenere i seguenti elementi: i motivi che determinano la situazione di eccedenza; i motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all’interno della medesima amministrazione; il numero, la collocazione, le qualifiche del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; le eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e i relativi tempi di attuazione; le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione delle proposte medesime.
La disciplina non indica i criteri e i parametri utili a individuare il personale eccedente: stante il richiamo alla l. n. 223/1991, si devono ritenere applicabili i criteri di scelta ivi indicati (cfr. art. 5, l. n. 223/1991).
La giurisprudenza ha escluso le conseguenze previste dalla l. n. 223/1991 in caso di violazione dei criteri di scelta, limitando la tutela dei lavoratori al solo risarcimento dei danni: “In tema di eccedenze di personale e di mobilità collettiva tra amministrazioni pubbliche, già regolate dall’art. 35 del d.lg. n. 29 del 1993 ed ora dall’art. 33 del d.lg. n. 165 del 2001, nei casi di violazione dei criteri di scelta fissati dalla contrattazione collettiva o (in loro assenza) di quelli legali e nei casi di mancato rispetto del prescritto iter procedurale, non potendo il lavoratore pubblico fruire dell’apparato di tutela previsto nel rapporto di lavoro privato, il suddetto lavoratore, che denunzia l’illegittimità della condotta della p.a. facendo valere le suddette violazioni, ha diritto al risarcimento dei danni, commisurato alla differenza tra l’indennità goduta durante il periodo di mobilità ed il trattamento di cui avrebbe goduto se il suo rapporto lavorativo non fosse stato sospeso”4.
Anche in questo caso è prevista la piena partecipazione delle OO.SS.: entro 10 giorni dal ricevimento della comunicazione, a richiesta delle organizzazioni sindacali (r.s.u. e OO.SS. firmatarie del CCNL) “…si procede all’esame delle cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L’esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell’ambito della Provincia o in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all’esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall’amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto” (art. 33, comma 4).
Decorsi 45 giorni dalla data del ricevimento della comunicazione inviata alle OO.SS. la procedura si conclude. La procedura può concludersi con “..l’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti” (art. 33, comma 5).
Peraltro, è prevista una procedura speciale in caso di disaccordo. L’attivazione di questo meccanismo provoca lo slittamento del termine di conclusione della procedura: “In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, con l’assistenza dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni – ARAN, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e successive modificazioni ed integrazioni. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1” (art. 33, comma 5).
La disciplina opera inoltre un esplicito rinvio all’autonomia collettiva, che può “…stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell’ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell’articolo 30” (art. 33, comma 6).
In assenza di soluzioni alternative, alla conclusione della procedura segue il c.d. “collocamento in disponibilità” del personale (art. 33, comma 7): “Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione”.
Il trattamento previsto per i lavoratori collocati in disponibilità è previsto dal comma 8 dell’art. 33: “Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell’indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni”.
Il personale in mobilità è iscritto in appositi elenchi, alla stregua di quanto previsto dall’art. 34, d.lgs. n. 165/2001: “Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri forma e gestisce l’elenco, avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l’elenco di cui al comma 3” (art. 34, comma 2).
Per le amministrazioni diverse da quelle “centrali” e dagli enti pubblici non economici nazionali, l’elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali, alle quali sono affidati i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale (art. 34, comma 3).
Il personale collocato in disponibilità e iscritto negli elenchi, percepisce l’indennità indicata dall’art. 33, d.lgs. n. 165/2001 per 24 mesi, decorsi i quali il rapporto si deve intendere automaticamente risolto (art. 34, comma 4). Il finanziamento di tale trattamento rimane a carico dell’amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità.
Nel periodo di erogazione della indennità, l’amministrazione di appartenenza deve anche corrispondere – agli enti previdenziali competenti – gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità.
Anche nel caso di eccedenza di personale dipendente di PP.AA. sono previste forme di sostegno al reimpiego dei lavoratori. A mente dell’art. 34, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, infatti, “I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi dell’articolo 33 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale, in particolare mediante mobilità volontaria”.
Tuttavia, il meccanismo più efficace di sostegno al reimpiego del personale collocato in disponibilità è descritto dall’art. 34, comma 6: “Nell’ambito della programmazione triennale del personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni ed integrazioni, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco”. Si tratta, com’è evidente, di un vero e proprio obbligo gravante sulle PP.AA.: non si può assumere nuovo personale senza avere prima verificato la possibilità di utilizzare il personale in disponibilità.
L’assunzione effettuata in ossequio a tale disciplina rappresenta un atto di gestione del rapporto di lavoro e non comporta alcun esercizio di poteri discrezionali: “In materia di pubblico impiego privatizzato, l’atto di assegnazione del dipendente iscritto negli elenchi del personale in disponibilità, disposto ai sensi dell’art. 34 bis d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, rientra tra gli atti di gestione del rapporto di cui all’art. 5 del medesimo d.lg. n. 165 e non implica esercizio di alcun potere pubblico, né di discrezionalità amministrativa, atteso che l’Amministrazione preposta all’individuazione del dipendente da ricollocare deve soltanto verificare la congruenza tra il profilo professionale richiesto dall’Amministrazione che intende coprire il posto vacante mediante concorso pubblico e quello dei dipendenti iscritti negli elenchi del personale in disponibilità, a partire da quello con maggiore anzianità di iscrizione…”5.
Trattandosi di atto di gestione, peraltro, non si pone il problema della impugnazione del provvedimento di collocamento in disponibilità dinanzi all’A.G.A. né, quindi, il problema del decorso del termine utile all’uopo: “Il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo del giudice ordinario non resta escluso per effetto della inoppugnabilità del suddetto atto dinanzi al giudice amministrativo, atteso che l’istituto processuale dell’inoppugnabilità concerne la tutela degli interessi legittimi non dei diritti soggettivi. Pertanto, quando, come nella specie, il dipendente di una Comunità montana abbia chiesto al giudice ordinario l’annullamento del suo collocamento in disponibilità (atto di gestione del rapporto intervenuto dopo l’1 luglio 1999), ben può l’adito giudice ordinario disapplicare (ove li ritenga illegittimi) gli atti amministrativi presupposti del collocamento in disponibilità (nella specie, atto di determinazione della dotazione organica, dalla cui applicazione deriva l’eccedenza di personale), non rilevando che tali atti presupposti siano stati assunti prima dell’1 luglio 1999 e non siano stati impugnati dal lavoratore dinanzi al giudice ordinario”6.
L’art. 34 bis, d.lgs. n. 165/2001 (inserito dall’articolo 7 della legge 16 gennaio 2003, n. 3) fornisce ulteriori indicazioni in merito alle procedure di collocamento in disponibilità del personale, strutturando un meccanismo di coordinamento tra le amministrazioni che collocano in disponibilità i dipendenti e quelle che intendono assumerne nuovi.
Si tratta di norma della cui legittimità costituzionale si è dubitato, stante la “ingerenza” del Legislatore nei meccanismi governanti anche le assunzioni da parte di amministrazioni regionali7. La Consulta, con sentenza del 2004, ha escluso la fondatezza dei dubbi sollevati, ritenendo che la norma sia perfettamente coerente con il dettato costituzionale e, anzi, proficuamente utilizzabile per rendere effettivo il diritto al lavoro: “Non sono fondate le q.l.c., sollevate in riferimento agli art. 117, 118 e 119 cost., dell’art. 7 l. 16 gennaio 2003 n. 3. La norma censurata, che introduce l’art. 34 bis nel d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, si ispira ai principi stabiliti dall’art. 34 del medesimo decreto legislativo, secondo cui il personale in esubero presso le p.a., sia statali che locali, deve poter essere ricollocato durante il periodo di mobilità presso altre amministrazioni e “le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto in apposito elenco”, e, dando concreta attuazione a tali principi, descrive puntualmente il procedimento attraverso il quale deve realizzarsi la ricollocazione del personale in mobilità, con una disciplina puntuale, necessariamente di competenza dello Stato con efficacia vincolante per tutte le amministrazioni pubbliche, che, lungi dal costituire ingerenza nella competenza legislativa residuale delle regioni ovvero norma di dettaglio in materia di “tutela del lavoro”, promuove, nel settore del pubblico impiego, condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro di cui all’art. 4 cost. e rimuove ostacoli all’esercizio di tale diritto in qualunque parte del territorio nazionale, mentre la previsione della nullità di diritto quale sanzione per le assunzioni effettuate in violazione di quanto previsto dall’art. 34 bis, si giustifica in relazione agli interessi generali oggetto di tutela, a presidio dei quali ben può il legislatore prevedere la nullità degli atti posti in essere in spregio di norme imperative”8.
Le PP.AA., prima di avviare le procedure utili all’assunzione, devono comunicare al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ovvero alle strutture regionali e provinciali competenti “…l’area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste” (art. 34 bis, d.lgs. n. 165/2001).
La giurisprudenza ha ritenuto che il difetto di analiticità della comunicazione comporta una irregolarità sanabile: “La mancata esplicitazione analitica di tutti i requisiti previsti dalla norma di cui all’art. 34 bis d.lg. n. 165 del 2001 non determina l’illegittimità, ma una mera irregolarità sanabile dell’atto, pur sempre idoneo al conseguimento del suo scopo, ove si consideri che l’indicazione circa la qualifica dirigenziale dei posti da coprire contiene in sé l’indicazione dell’area e del livello di destinazione, così come dall’ambito territoriale dell’ente si ricava – implicitamente, ma con certezza – l’ubicazione della sede lavorativa dei posti medesimi”9.
L’invio di tale comunicazione attiva un’articolata procedura, disciplinata dall’art. 34 bis, comma 2, d.lgs. n. 165/2001: “La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all’ articolo 34 , comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione, ad assegnare secondo l’anzianità di iscrizione nel relativo elenco il personale collocato in disponibilità ai sensi degli articoli 33 e 34. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l’assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale inserito nell’elenco previsto dall’ articolo 34 , comma 2. A seguito dell’assegnazione, l’amministrazione destinataria iscrive il dipendente in disponibilità nel proprio ruolo e il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso”.
Il passaggio dalle liste di disponibilità ai ruoli delle amministrazioni interessate è quindi diretto e non comporta alcuna soluzione di continuità con la precedente esperienza lavorativa.
Nel silenzio della norma, si può ritenere che il passaggio non si perfezioni in casi di dissenso del lavoratore in disponibilità: non sembra possibile, infatti, imporre a un lavoratore l’assegnazione ad altra amministrazione. La naturale conseguenza potrebbe essere quella già prevista con riferimento al decorso del termine di 24 mesi di permanenza nelle liste di disponibilità, ossia, l’estinzione del rapporto10.
La giurisprudenza ha chiarito che l’iter avviato per l’assegnazione da altra P.A. non può essere bloccato: “In tema di procedura di mobilità dei dipendenti pubblici da un’Amministrazione ad un’altra, con l’assegnazione del dipendente in mobilità, comunicata all’Amministrazione che ha deliberato di coprire una vacanza nel suo organico, si perfeziona il diritto del dipendente medesimo alla prosecuzione del rapporto di lavoro presso l’Amministrazione ad quam. Ne consegue che, da questo momento, l’Amministrazione di destinazione non può più recedere dalla propria precedente determinazione e, dunque, deliberare la revoca del posto che intendeva coprire e rifiutare l’iscrizione nel ruolo del proprio personale del dipendente trasmigrato per mobilità”11.
Peraltro, ai fini della migliore omogeneizzazione del personale assegnato, le PP.AA. possono provvedere a organizzare specifici percorsi di qualificazione.
Una volta effettuato il passaggio, il personale assegnato è trattato alla stregua di quello già in servizio presso l’amministrazione assegnataria, con conseguente applicazione della relativa disciplina, anche contrattuale: “Poiché ai docenti statali di ruolo in esubero transitati alle dipendenze dell’Inps, spettano i trattamenti accessori alle medesime condizioni previste dalla contrattazione collettiva di settore per i dipendenti dell’Istituto, il salario di professionalità è attribuito a coloro che erano in servizio presso l’Inps alla data dell’1 gennaio 1998”12.
Nondimeno, si può ritenere che al dipendente in disponibilità assegnato ad altra amministrazione spetti il trattamento economico già corrisposto, se più favorevole (e salva la regola del riassorbimento13). In questo senso quella giurisprudenza che, seppure in un caso concernente l’ordinamento dei segretari comunali e provinciali, ha rilevato la necessità di garantire il trattamento precedentemente corrisposto: “L’art. 18, comma 11, d.P.R. 4 dicembre 1997 n. 465, contenente il regolamento della disciplina dettata in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, stabilendo che il funzionario trasferito, collocato nei ruoli dell’Amministrazione ricevente, conserva il trattamento economico pensionabile e la qualifica in godimento, ove più favorevole, mediante l’attribuzione di un assegno “ad personam” (pari alla differenza tra il trattamento economico in fruizione e quello previsto per la nuova qualifica , fino al riassorbimento a seguito dei futuri miglioramenti economici), implica che il previsto meccanismo di garanzia economica esaurisce, nei suddetti termini, la portata della tutela accordata al dipendente trasferito. Tale norma, infatti, non avrebbe senso, in relazione alla contemplata regola di riassorbibilità del predetto assegno, se con essa venisse garantito anche l’inquadramento già goduto presso l’Amministrazione di provenienza”14.
Ovviamente, la disciplina prevede la possibilità, per le PP.AA. interessate alle nuove assunzioni, di “svincolarsi” nel caso in cui gli enti coinvolti dalla procedura non diano risposta alla comunicazione di cui si è detto: “Le amministrazioni, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1 da parte del Dipartimento della funzione pubblica direttamente per le amministrazioni dello Stato e per gli enti pubblici non economici nazionali, comprese le università, e per conoscenza per le altre amministrazioni, possono procedere all’avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l’assegnazione di personale ai sensi del comma 2” (art. 34 bis, comma 4).
Diverso, invece, è il caso di violazione delle regole di che trattasi: a mente dell’art. 34 bis, comma 5, infatti, le assunzioni effettuate in violazione della procedura sono “…nulle di diritto”15.
Il Legislatore deve avere “sospettato” il possibile malfunzionamento del meccanismo, nonostante l’esplicita nullità delle assunzioni effettuate in spregio alla disciplina prevista dall’art. 34 bis, d.lgs. n. 165/2001. L’intenzione di “recuperare” eventuali inefficienze sul piano della comunicazione tra PP.AA., infatti, è evidente ove solo si badi all’ultimo comma (il 5 bis, introdotto dall’articolo 5, comma 1-octies, del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7) dell’art. 34 bis: “Ove se ne ravvisi l’esigenza per una più tempestiva ricollocazione del personale in disponibilità iscritto nell’elenco di cui all’ articolo 34 , comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica effettua ricognizioni presso le amministrazioni pubbliche per verificare l’interesse all’acquisizione in mobilità dei medesimi dipendenti. Si applica l’ articolo 4, comma 2, del decreto-legge 12 maggio 1995, n. 163 , convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1995, n. 273”16.
In buona sostanza, si tratta della possibilità di ovviare a un’eventuale inerzia delle PP.AA. ovvero a eventuali problemi di comunicazione tra le stesse: il meccanismo compulsivo governato dal Dipartimento della Funzione Pubblica può giovare agli iscritti nelle liste di disponibilità, rendendoli concretamente “visibili” alle amministrazioni.
Si tratta, peraltro, di attività che la giurisprudenza ha apprezzato, rilevando la funzione anche strategica svolta dal Dipartimento: “Sul Dipartimento della Funzione Pubblica incombe la responsabilità di accertare concretamente che il processo di miglioramento della organizzazione della p.a., nel quale l’istituto della mobilità del personale si inquadra, segua logiche di efficienza e di efficacia. Il Dipartimento quindi, può e deve utilizzare ogni opportuna forma di indagine, anche mediante ispettori in loco e/o acquisendo tutti i documenti e/o i dati degli organici e delle procedure di copertura dei posti, al fine di verificare l’esistenza di posti disponibili”17.
Sicché, il quadro descritto consente di concordare con chi ha efficacemente individuato un vero e proprio “rapporto obbligato con le assunzioni”18: gli artt. 33 e ss. del Testo Unico creano un “unico” datore di lavoro pubblico, il cui personale deve essere assunto tenendo necessariamente in considerazione i lavoratori in disponibilità, in attesa di ricollocazione.
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Note
1 Sul tema la letteratura è copiosa. Si rinvia, anche per i riferimenti bibliografici, a U. Carabelli e M.T. Carinci (a cura di), Il lavoro pubblico in Italia, Bari, 2010, 241 e ss.; P. Ichino, Il contratto di lavoro, cit., 568 e ss.; R. Soloperto, Commento agli art. 35 e 35-bis, in Corpaci, Rusciano, Zoppoli (a cura di), La riforma dell’organizzazione, dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 1255 ss.; G. Natullo, Gestione delle eccedenze di personale, collocamento in disponibilità e mobilità collettiva, in Carinci, Zoppoli (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Commentario, Torino, 2004, 755 ss.; L. Ieva, Profili problematici della mobilità nel pubblico impiego, in Riv. amm. r. it., 2003, 941 e ss.; P. Chieco, La disciplina delle eccedenze di personale nelle pubbliche amministrazioni, in Lav. pubbl. amm., 1999, 327 e ss.
2 In alcuni casi particolari la giurisprudenza di merito ha interpretato in senso estensivo la disciplina contenuta nel Testo Unico, ipotizzando la concessione del trattamento previsto dall’art. 33 anche in caso di cessazione dell’attività. Cfr. T. Asti, 09/01/2008, in Banca Dati De Jure, 2010: “I dipendenti di una i.p.a.b., che gestisce una casa di cura hanno diritto, in caso di cessazione dell’attività dell’ente datore, alla indennità di disponibilità di cui all’art. 33 d.lg. n. 165 del 2001 sulla mobilità, senza che il richiamo contenuto nel comma 1 alle procedure di cui al comma 4 e 5 l. n. 223 del 1991 possa essere considerato elemento limitativo della disciplina alle sole amministrazioni che superino i 15 dipendenti. Non esclude il diritto il fatto che i lavoratori interessati siano meno di dieci, incidendo il fatto solo sulla obbligatorietà dell’attivazione di procedure di consultazione sindacale in ordine alla ricollocazione. L’esistenza di un trasferimento d’azienda (anche a privati), concernente l’attività cui i lavoratori erano addetti dovrebbe invece essere applicata a preferenza su quella della mobilità, ma alla stessa non può far ricorso il giudice ove le parti, pur prospettando l’ipotesi, non abbiano svolto domande in proposito”
3 Comma inserito dall’articolo 50, comma 1, del d. lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.
4 Cass., 24/05/2006, n. 12241, in Foro Amm. CdS, 2006, 9, 2468. In senso conforme Cass., 23/05/2006, n. 12098, in Foro It., 2007, 3, 865 e Cass., 18/05/2006, n. 11671, in Foro Amm. CdS, 2006, 9, 2462.
5 Cass., S.U., 13/03/2009, n. 6062, in Foro It., 2009, I, 2088.
6 Cass., 18/08/2004, n. 16175, in Foro Amm. CdS, 2004, 2018.
7 I dubbi sono stati sollevati dalle regioni Abruzzo, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria e Campania che, nel 2003, hanno promosso giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 7, l. 16 gennaio 2003, n. 3 (“Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”), che ha introdotto l’art. 34 bis, d. lgs. n. 165/2001.
8 C. cost., 15/12/2004, n. 388, in Giur. cost., 2004, 6.
9 TAR Genova, 10/12/2005, n. 1648, in Foro Amm. TAR, 2005, 12, 3869.
10 Nondimeno, non appare peregrino interrogarsi in merito alla possibilità di un “rientro” del dipendente nelle liste di disponibilità pure a fronte di un rifiuto al ricollocamento, qualora questi non abbia raggiunto il limite dei 24 mesi (del resto, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 2, d. lgs. n. 165/2001, l’assegnazione avviene “…secondo l’anzianità di iscrizione nel relativo elenco…”: è quindi plausibile che un dipendente venga interessato da una richiesta di assegnazione prima della maturazione del limite massimo di permanenza nelle liste).
11 Cass., 06/03/2009, n. 5458, in Foro It., Rep. 2009, voce Impiegato dello Stato, n. 617.
12 Cass., 13/04/2006, 8693, in Giust. civ., 2007, 1, 240.
13 Per i profili generali riguardanti i trattamenti economici riservati al personale in mobilità volontaria cfr. Cass., 29/03/2010, n. 7520, in Foro It., Mass. 2010, 325.
14 Cass., 29/03/2007, n. 7730, in Foro Amm. CdS, 2007, 5, 1399.
15 La norma fa salve le previsioni contenute articolo 39, l. 27 dicembre 1997, n. 449, rubricato “Disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche e misure di potenziamento e di incentivazione del part-time”.
16 Il riferimento all’art. 4, d.l. n. 163/1995 concerne le procedure relative alla “Comunicazione per mobilità regionale e trasferimento di dipendente pubblico eccedente”. Si tenga presente che, nell’ottica delle cc.dd. “stabilizzazioni” di personale assunto a tempo determinato, il Legislatore ha previsto alcune deroghe alle procedure disciplinare dall’art. 34 bis, d. lgs. n. 165/2001: è il caso dell’art. 1, comma 247, l. n. 266/2005, a mente del quale “Al fine di assicurare con carattere di continuità la prosecuzione delle attività svolte dal personale di cui ai commi da 237 a 242, le amministrazioni ivi richiamate possono avviare, in deroga all’articolo 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, procedure concorsuali per titoli ed esami per il reclutamento di un contingente complessivo non superiore a 7.000 unità di personale a tempo indeterminato. Nella valutazione dei titoli vengono considerati prioritariamente i servizi effettivamente svolti presso pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo a quelli prestati presso le amministrazioni che bandiscono i concorsi nei profili professionali richiesti dalle citate procedure di reclutamento, inclusi quelli per i quali e’ richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo. Alla ripartizione del predetto contingente fra le varie amministrazioni si provvede con le modalità di cui al comma 4 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata dall’atto di programmazione triennale del fabbisogno di personale, da inoltrare entro il 31 gennaio 2006 alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e delle finanze”.
17 TAR Catania, 26/07/2007, n. 1317, in Foro Amm. TAR, 2007, 7-8, 2680.
18 G. Natullo, Gestione delle eccedenze di personale, cit., 775.